2000 Fosco Maraini

Premio Rodolfo Pucci “La Fibula d’oro” Anno 2000

LA VITA DI FOSCO MARAINI

Fosco Maraini nasce a Firenze il 15 novembre 1912 da Antonio Maraini, noto scultore, e da Yoi Crosse (inglese di nascita) autrice di novelle e scritti (in inglese). Trascorre i primi anni a Firenze e, sin da ragazzo, parla alternativamente in italiano ed in inglese. In quegli anni sono frequenti i viaggi con i genitori a Roma, Venezia, Milano, o in Inghilterra, Francia, Svizzera e Germania dove non mancano le occasioni per apprendere le lingue straniere. I legami familiari della madre con il Sud Africa, l’India e diversi altri paesi del mondo, attraggono il giovane Fosco. Ben presto la sua curiosità lo porta a studiare le tradizioni e le civilizzazioni di quelle regioni cosi’ differenti da quelle dell’Occidente. Nel 1935 sposa Topazia Alliata. Nel 1937 si laurea in scienze (con specializzazione in antropologia) all’Università di Firenze. Nello stesso anno parte a seguito dell’orientalista professor Tucci in una delle spedizioni in Tibet. Questa esperienza costitui’ il primo contatto di Maraini con l’India ed il mondo tibetano, paesi che influenzarono a fondo il suo spirito e lo sviluppo culturale. In seguito lo troviamo all’Università Imperiale dell’Hokkaido (Giappone) dove studia la cultura e le tradizioni degli Ainu con la supervisione del professor Kodama Sakuzaemon, una vera autorità in questo campo. I risultati delle ricerche troveranno pubblicazione in un volume sugli aspetti della religione Ainu (Gli Iku-bashui degli Ainu, Tokio 1942). Dello stesso anno è anche un album di fotografie scattate in Tibet (Chibetto, Tokio 1942). Tra il 1941 e il 1943 ricopre l’incarico di lettore di italiano all’Università di Kyoto con il professor Nogami Soichi. GLi sviluppi della guerra portano alla divisione dell’Italia, al Sud le truppe “alleate”, al Nord Mussolini e le truppe tedesche. Gli avvenimenti coinvolgono anche gli italiani abitanti in Giappone che vengono obbligati a chiarire la loro posizione al governo giapponese. Maraini opta per il Sud con il re e gli alleati, e immediatamente viene classificato tra i nemici del Giappone. Viene rinchiuso in un campo di concentramento per due anni fino al 15 agosto 1945. Dopo la triste esperienza rimarrà a Tokyo sino al 1946 lavorando come interprete per la VIII Armata americana. Subito dopo il ritorno in Italia riparte per la seconda volta verso il Tibet sempre con il professor Tucci; siamo nel 1948. L’esperienza lo porterà a scrivere uno dei suoi libri più famosi: Segreto Tibet, che verrà pubblicato in ben dodici lingue. Nel 1953 – 1954 ritorna in Giappone dove prepara una serie di film documentari contestualmente raccogliendo materiale per un libro: Ore Giapponesi, che verrà pubblicato in Italia nel 1956 e tradotto nelgi anni successivi in cinque lingue. Nel 1958 viene invitato dal Club Alpino Italiano alla spedizione nazionale al Gasherbrum IV (7980 metri) nel Karakorum. Nell’anno successivo lo troviamo impegnato in un’altra spedizione nell’Hindu-Kush, meta è il Saraghrar Peak (7349 metri). Subito dopo la pubblicazione dei suoi famosi volumi: G4-Karakorum del 1959 e Paropamiso del 1960. Negli anni 1962-1963 viaggia in India, Nepal, Thailandia, Cambogia, Giappone e Corea. Tra il 1959 e il 1964 è a fianco dell’amico

NOTE SULL’OPERA FOTOGRAFICA DI FOSCO MARAINI

1. Esperienze giovanili. Fosco Maraini scopre la fotografia assai precocemnte, in quel clima culturale allo stesso tempo internazionale e provinciale che é il futurismo fiorentino. Espone infatti per la prima volta a soli 18 anni alla Mostra Nazionale di Fotografia Futurista del 1930. Di quella esperienza rimane una costante ricerca formale, che lo porterà in seguito ad aderire al gruppo fotografico “La Bussola”.

2. Segreto Tibet. Le due spedizioni a seguito dell’orientalista marchigiano Giuseppe Tucci in Tibet, quella del 1937 e quella del 1948, rappresentano per Maraini una specie di iniziazione alla vita e ai misteri dell’Oriente, che segneranno per sempre la sua visione del mondo. Il contatto con una civiltà così lontana e al contempo a lui così affine, si riverbera sulla sua produzione fotografica, che senza rinunciare alle sperimentazioni formaliste si riempie invece di un autentico stupore. La sua stessa meraviglia che si ritrova nel libro che Maraini scrisse a conclusione di queste esperienze, Segreto Tibet (1951, nuova edizione 1998).

3. Nostro Sud. Nei progetti dell’allora giovane editore barese De Donato, Nostro Sud avrebbe dovuto condensare in un solo libro fotografico un reportage vastissimo che documentasse ogni angolo del Meridione d’Italia, ancora radicalmente contadino ma i cui primi segni della ricostruzione postbellica avrebbero presto profondamente modificato. Si rivolse a Fosco Maraini per via di una consolidata amicizia. Insieme, per interi mesi esplorarono a tappeto il paesaggio, i costumi, la gente del Sud, raccogliendo un materiale fotografico vastissimo, probabilmente troppo vasto per un’unica pubblicazione. Rimasto in gran parte inedito, il lavoro sul Meridione rappresenta forse il momento più alto della produzione fotografica di Maraini, dove l’esigenza scientifica del reportage non va a discapito dell’emozione, rendendo ciascuna immagine più che viva, “abitata”.

4. Karakorum e altre montagne. Come fotografo di montagna e appassionato scalatore, Maraini ha avuto senza dubbio il privilegio di partecipare ad alcune importantissime spedizioni, come quella organizzata dal Club Alpino Italiano al Gasherbrum IV (7980 m) nel Karakorum e quella al Saraghrar Peak (7349 m) nell’Hindu-Kush, in un periodo in cui l’alpinismo era ancora considerato un’impresa eroica. Ma la sua attenzione fotografica, a differenza della maggior parte degli autori che lo avevano preceduto, trascura questa dimensione eroica per soffermarsi invece su elementi più umani, drammatici, più legati al rapporto che alla sfida con la Natura. Sono allora più interessanti un gioco di una nuvola bizzarra sulla cima di un monte, oppure i forti contrasti dei bianchi e dei neri e le infinite gradazioni del grigio sulla neve, sulla pietra e nel cielo.

5. Giappone. La fascinazione di Maraini per il Giappone dura da una vita intera e si rigenera ad ogni ritorno; anche per questo il lavoro fotografico su questo paese occuperà una parte consistente della mostra fiorentina, essendo quasi il motivo conduttore dell’intera sua produzione. La cultura giapponese, il suo paesaggio, la sua gente, così agli antipodi della civiltà occidentale, attraversano le immagini di Maraini in tutti i loro aspetti, meravigliosi e repellenti, e nei cambiamenti radicali che lo sviluppo economico e tecnologico ha portato negli ultimi trent’anni, confermandosi con tradizioni e identità etniche millenarie. Le fotografie giapponesi di Maraini, anche le più antiche, ben lunghi da un esotismo di maniera e da una rappresentazione stereotipa cara a molti altri fotografi, sono invece profondamente partecipi dei cambiamenti della cultura, sempre pronte a captarne i segnali inquietanti o a documentare, con colori anche talvolta aggressivi, le ultime testimonianze rituali e le cerimonie sopravissute dell’antica civiltà nipponica.

6. Asia minore e maggiore. Turchia, Israele, Pakistan, India, Nepal, Thai, Kambogia, Cina e Corea. Realtà diverse del grande continente asiatico. Maraini le osserva, le studia, le fotografa scoprendone da antropologo le caratteristiche vitali e da poeta le tante analogie.

NOTE BIOGRAFICHE

1912
Fosco Maraini nasce a Firenze il 15 novembre da Antonio Maraini, noto artista e scultore, e da Yoi Crosse, scrittrice di famiglia inglese. Inizia precocemente la sua attività fotografica in area futurista e nel 1930, a soli 18 anni, espone le sue prime opere alla Mostra Nazionale di Fotografia Futurista – segnalandosi per una ricerca formale decisamente originale.

1934
Si imbarca come insegnante di inglese dei cadetti dell’Accademia Navale di Livorno sulla nave scuola “Amerigo Vespucci”. Ha così modo di visitare la Grecia, il Libano, la Siria e la Turchia.

1935
Sposa Topazia Alliata, di antica famiglia siciliana, dal matrimonio con la quale nasceranno le tre figlie Dacia (1936), Yuki (1939) e Toni (1941)

1937
I suoi interessi naturalistici e la sua passione per la montagna lo portano a seguire come fotografo l’orientalista Giuseppe Tucci in una spedizione in Tibet. In questa occasione la fotografia di Maraini si arricchisce e matura, riuscendo a coniugare la ricerca della forma con l’immediatezza dell’oggetto fotografato, sia esso una persona, una cerimonia religiosa o soltanto una nuvola. L’esperienza in Tibet convince Maraini a dedicarsi alla ricerca etnologica e allo studio delle civiltà orientali. Tornato in Italia, conclude i suoi studi, laureandosi nello stesso anno in Scienze Naturali all’Università di Firenze.

1939
Grazie ad una borsa di studio del Governo giapponese, Maraini si trasferisce con la famiglia a Sapporo, nell’isola di Hokkaido, per compiere importanti ricerche antropologiche sulla cultura e le tradizioni degli Ainu, una popolazione già allora in via di estinzione, della quale Maraini diverrà negli anni uno dei massimi esperti. Nel suo soggiorno giapponese Maraini ha anche il modo di avvicinarsi all’opera di Hokusai (1760-1849), maestro dell’ukyo-e, del quale, da fotografo, si dichiarerà spiritualmente discepolo.

1942-1945
Durante gli anni della guerra ricopre l’incarico di lettore di lingua italiana all’Università di Tokio. Ma dopo l’8 settembre, rifiutandosi di aderire alla Repubblica di Salò, Maraini viene internato, insieme alla famiglia, in un campo di concentramento a Nagoya, dove rimane fino al 15 agosto 1945.

1946-1952
Il ritorno in Italia, in un paese ferito profondamente dagli avvenimenti bellici, segna l’inizio di una fase nuova nel lavoro fotografico di Maraini, che si caratterizza sempre più per una documentazione straordinariamente obiettiva e allo stesso tempo vivamente partecipata. A questa fase appartiene la collaborazione con il gruppo fotografico “La Bussola”, ma soprattutto è di questi anni, dal 1948 ai primi anni ’50, lo straordinario reportage sull’Italia meridionale che, commissionato dall’editore De Donato, avrebbe dovuto essere pubblicato con il titolo Nostro Sud, ma che per vari motivi è rimasto ancora oggi in gran parte inedito. Sempre di questi anni è l’impegnativo censimento fotografico dei mosaici normanni di Sicilia realizzato per conto dell’istituto statunitense di Dunbarton Oaks.

1948
Partecipa a una seconda spedizione tibetana con Giuseppe Tucci, a seguito della quale pubblica Segreto Tibet (1951), che, tradotto in dodici lingue, porterà la figura di Maraini all’attenzione del pubblico internazionale.

1953-1954
Maraini ritorna in Giappone dove gira una serie di documenti etnografici e raccoglie materiali per alcuni dei suoi libri pubblicati negli anni seguenti: Ore giapponesi (1957), L’Isola delle Pescatrici (1969), Japan Patterns of Continuity (1971)

1958-1959
Viene invitato dal Club Alpino Italiano a partecipare alla spedizione nazionale al Gasherbrum IV (7980 m) nel Karakorum, e l’anno seguente è a capo della spedizione italiana al Picco Saraghrar nell’Hindu-kush. Il resoconto alpinistico ed etnografico di queste spedizioni costituisce l’argomento dei due volumi G4-Karakorum, del 1959, e Paropàmiso, del 1960, che vengono ambedue tradotti in più lingue.

1959-1964
Ricopre l’incarico di fellow presso il St. Antony’s College di Oxford (Dipartimento di Civiltà dell’estremo Oriente), alternando l’attività didattica con altre permanenze in Oriente, in particolare per un lungo viaggio attraverso l’Asia, toccando l’India, il Nepal, la Tailandia, la Cambogia, il Giappone e la Corea.

1966-1970
Di nuovo in Giappone Maraini lavora per una importante casa editrice e in occasione dell’Esposizione Universale di Osaka del 1970 viene nominato direttore delle pubbliche relazioni al Padiglione Italia. Lo stesso anno sposa in seconde nozze la sua attuale compagna Mieko Namiki.

1972-1983
A Firenze gli viene assegnata la Cattedra di Lingua e Letteratura Giapponese presso la facoltà di Magistero dell’Università, incarico che lascerà nel 1983 per raggiunti limiti di età. Nel 1972 fonda l’Associazione Italiana per gli Studi giapponesi (AISTUGIA) di cui è ancora oggi presidente.

1986
Viene insignito dal governo giapponese della Stella dell’ordine del Sol Levante.

1992
Riceve la laurea honoris causa dell’Università di Siena.

1994
Pubblica la Gnosi delle Fànfole, e l’anno seguente Il Nuvolario, libri di scritti a partire dagli anni ’50 come puro divertissement in un chimerico linguaggio “metasemantico”.

1998
Gli viene assegnato il Premio Nonino

1999
Esce per i tipi di Mondadori l’autobiografia romanzata Case, amori, universi.

2000
Gli viene assegnato dal Circolo Fotocine Garfagnana il Premio Rodolfo Pucci “La Fibula d’oro”.

La sua fototeca di oltre 25.000 immagini e la biblioteca orientale di 7.500 volumi sono state acquisite, grazie all’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, dal Gabinetto Scientifico Letterario G. P. Vieusseux, formando la base sulla quale è in costituzione il Centro Vieusseux-Asia.

8 Giugno 2004
Fosco Maraini ci ha lasciato.

Firenze, 8 giu.2004 (Adnkronos)

L’antropologo ed etnologo Fosco Maraini, famoso orientalista, e’ morto la scorse notte in un ospedale di Firenze. Aveva 91 anni. Padre della scrittrice Dacia Maraini, lo studioso era stato ricoverato alcuni giorni fa in clinica per essere sottoposto ad un piccolo intervento chirurgico.
La notizia della scomparsa e’ stata resa nota dalle figlie Dacia e Toni. Fosco Maraini era nato a Firenze il 15 novembre 1912. Dopo una vita di studi e viaggi in Oriente, tra il Tibet, la Cina, il Nepal e il Giappone, in tarda eta’ aveva fatto ritorno nel capoluogo toscano. La salma del celebre orientalista, che era stato ribattezzato ”il Chatwin italiano’, sara’ esposta oggi e domani nella sua casa fiorentina di viale Magalotti 6. Giovedi’ la camera ardente sara’ allestita, in accordo con il Municipio, nella Sala d’Arme di Palazzo Vecchio. Nel pomeriggio dopo la commemorazione, la salma sara’ cremata.
Sara’ quindi sepolto in Garfagnana, nel paesino di Alpe di Sant’Antonio, dove Maraini aveva una casa di campagna.
Autorita’ mondiale nel campo degli studi di antropologia culturale del Giappone e di altre popolazioni asiatiche (Tibet e Nepal in particolare), Maraini ha ricevuto nel novembre 1998 la piu’ alta onorificenza culturale del Giappone: la Coppa d’argento con stemma imperiale.
Il premio gli venne consegnato nel corso di una cerimonia a Roma nella residenza dell’ambasciatore nipponico dell’epoca, Hiromoto Seki.

GAZZETTA DEL SUD (venerdì 11 Giugno 2004 )

La figlia Dacia ha letto le motivazioni
Le esequie laiche di Fosco Maraini
Giorgio Nusta

«Sarebbe stato indubbiamente bello ritrovarsi tra canti, incensi, musiche e fiori, sotto alte e storiche navate della nostra cara Firenze. Lo so, lo so… Ma purtroppo un minimo di coerenza me l’ ha impedito». È un passo di una lettera scritta da Fosco Maraini agli amici, distribuita durante i funerali dello scrittore, oggi in Palazzo Vecchio a Firenze, dove il Comune ha allestito la camera ardente, in cui Maraini spiega il perché della scelta del funerale laico. La cerimonia, presieduta dal sindaco di Firenze, Leonardo Domenici, si è conclusa con i canti di un coro di monaci tibetani e del Coro Alpi Apuane. Fra i presenti, oltre alle figlie Dacia e Toni, la moglie di Fosco, Mieko Namiki. «Un fiorentino cittadino del mondo che la città ricorderà sempre con tanto affetto – ha detto il sindaco Domenici durante la cerimonia – un uomo generoso che ha messo a disposizione la sua biblioteca e la sua fototeca attraverso il Gabinetto Viesseux. Le sue esperienze ci hanno arricchito: a ripensare a ciò che ha fatto vengono i brividi». Una seconda lettera, indirizzata ai familiari, è stata letta dalla figlia Dacia. Il testo era stato scritto da Fosco Maraini due anni fa (il 24 aprile del 2002), durante un lungo ricovero dovuto a problemi di cuore. Parlando della morte, Fosco scriveva che «attraverso di essa partecipiamo allo svolgersi, misterioso e sublime, dell’essere, ci tuffiamo per così dire negli oceani del tempo-spazio, i cui limiti trascendono maestosamente la brevità della nostra vita terrena. Desidererei anche lasciare i miei organi – si augurava Fosco Maraini – pur vecchi e affaticati, a chi può averne bisogno». «Cari amici – si legge all’inizio nel testo distribuito –, sono desolato di costringervi a un raduno così insipido e squallido, com’è sempre un funerale laico…». Poi aggiunge: «Ecco, mi chiederete, dove stai? In quale posizione spirituale ti sei sentito di lasciare il pianeta, per l’enigmatico viaggio che tutti ci attende?». «Nel panorama mondiale delle religioni – si legge dopo qualche riga – le Rivelazioni sono moltissime. Di fronte a questa falange di Rivelazioni ci si chiede: Gentile Signore Iddio, quale è il tuo vero, autentico messaggio?». «Quando la morte busserà alla mia porta, ch’essa sia benvenuta. Non si creino ostacoli al compimento dei suoi naturali processi. La morte non rappresenta forse un rientro nelle arcane orologerie del cosmo? Dinanzi a questo problema – continua Fosco Maraini nella lettera – ho optato per la Rivelazione Perenne; cioè il regime religioso in cui Dio parla, per chi vuole ascoltarlo, non attraverso messaggi singolari concessi in punti particolari dello spazio ed in momenti particolari del tempo (Rivelazione Puntuale), bensì sempre ed ovunque, nella natura e nella vita umana intorno a noi. Tutto si presenta come Rivelazione, basta sentirla,vederla, leggerla. La Rivelazione Perenne esclude la possibilità di recrudescenze fondamentaliste, per cui i credenti in una data Rivelazione finiscono col desiderare l’eliminazione fisica dei credenti in altre, diverse dalla loro». «Perdonatemi per non avervi fornito un addio più festoso e meglio consacrato dalle tradizioni – conclude Fosco Maraini – ma spero che adesso mi comprenderete».

2020-05-30T14:42:51+02:00

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