Mostra 2022 di Tommaso Teora

 “MI SIEDO, MI RIPOSO E PENSO…”  la fotografia di Tommaso Teora

Nel panorama dei vari temi fotografici proposti da Tommaso Teora, negli ultimi anni, quello del “riposo” non era ancora stato trattato.

Dal suo cospicuo archivio, raccolto in oltre 40 anni di attività foto-amatoriale, ha selezionato una serie di immagini autentiche e introspettive, facilmente riconducibili al periodo “pre-digitale” sia dal punto di vista fotografico che da quello temporale. Come sempre i soggetti immortalati rappresentano persone in età avanzata presenti nella nostra Garfagnana grazie ai quali l’autore ha potuto scandagliare aspetti sociali ed umani, usi e costumi, con un linguaggio asciutto ed onesto, privo di retorica.

Apparentemente statici, gli scatti di Teora, si spingono  oltre le apparenze e gli atteggiamenti dei soggetti fotografati e fanno sì che, nell’osservatore, scaturiscano riflessioni e curiosità rivolte alla scoperta, anche immaginaria, del loro passato. In modo rigoroso l’autore ci fornisce il nome, il luogo e la data dell’incontro con i suoi personaggi.

I corpi seduti, rilassati, provati, evocano fatica, bisogno di riposo, meditazione, solo in alcuni casi esprimono serenità, tenerezza ed allegria; insomma ricordano un tempo, un destino, superato in qualche modo, nella buona o cattiva sorte. Dalla evidente umiltà di personaggi sorpresi nella loro intimità domestica sulla soglia di casa si passa alla tenera rappresentazione della pastora Vincenza che tiene in grembo un capretto con atteggiamento materno e protettivo; non mancano figure meno rurali, inserite in ambienti urbani, che appaiono più “emancipate” a testimoniare una sufficiente agiatezza sociale ed economica. Ma la stragrande maggioranza delle foto esposte ritrae una tipologia collettiva modesta e solitaria, assorta nella quotidiana monotonia del sopravvivere, qualche volta confortata da un tiepido sole invernale.

Dagli ambienti e dall’aspetto dei personaggi si intuisce una vita trascorsa a stretto contatto con la montagna, con il paese, il lavoro nei campi, la cura degli animali. Una generazione che ha vissuto il passaggio epocale tra l’economia rurale, quella industriale e post-industriale della seconda metà del ‘900 ed infine è approdata nell’era digitale di una Garfagnana 2.0, un po’ virtuale, un po’ effimera, priva di riferimenti concreti ed umani, come un tempo.

Dalle foto di Teora si evince il disagio generato da una rapida e arrogante modernizzazione in una società razionale, cinica e soprattutto indifferente, cresciuta all’ombra del dissolversi delle certezze e dei valori umani. La secolarizzazione della fede e la globalizzazione hanno fatto spazio al relativismo e all’individualismo, lasciando questa generazione in balia della propria inadeguatezza.

Il messaggio di Teora è un avviso agro-dolce, tuttavia, ritornando al titolo della sua mostra, cosa pensare? Che conclusioni trarre?

Forse la cosa migliore è sedersi e meditare…

Cristoforo Feliciano Ravera

MI SIEDO, MI RIPOSO E PENSO di Tommaso TEORA 

“La divinità o vuol togliere i mali e non può o può e non vuole o non vuole né può o vuole e può. Se vuole e non può, è impotente; e la divinità non può esserlo. Se può e non vuole è invidiosa, e la divinità non può esserlo. Se non vuole e non può, è invidiosa e impotente, quindi non è la divinità. Se vuole e può (che è la sola cosa che le è conforme), donde viene l’esistenza dei mali e perché non li toglie?“ —  EPICURO (341-270 a.C.)

 Sembra quasi che “il nostro” Tommaso Teora, nel progettare le Sue “rituali” mostre primaverili, oltre che dal solito bisogno di raccontare i Suoi luoghi e la Sua gente, sia ispirato da qualcosa di magico (apotropaico??) con cui anticipa o addirittura racconta (illustra) la situazione umana corrente con le Sue “emozioni visive”. Ne è la prova tangibile (almeno con…gli occhi) la carrellata di queste Persone. “Grandi”, come si diceva una volta, più che anziane. Gente che ha vinto in qualche modo la partita con il Tempo, ma che sembra la rappresentazione, amara addirittura, della Realtà che decide che al vincitore non tocchi nessuna medaglia. Se non una malinconica “parte” metonimica. Metonimia o sineddoche? Fate Voi. Che sempre forma di comunicazione era e rimane. Anzi. Specialmente di questi tempi in cui è facile perdere la lucidità e la ragione dell’esistenza. Con una Follìa che si sussegue all’Altra sembra quasi che, perse tutte le sicurezze e i punti di riferimento, non resti che sedersi, riposarsi da tutte le tenzoni che ci hanno fatto arrivare fin qui e…pensare che davvero there is never an end to the worst oppure nikogda ne byvayet kontsa khudshemu. QUESTO sembrano dirci questi splendidi “soggetti” di Tommaso. Come “ci” dicono QUELLI che, meritoriamente,(???!!?) la Follìa la usano per toglierci dalla noiosa routine della serenità e del buon vivere. I SIGNORI DELLA FOLLÌA. Giocando con le nostre vite come se fossimo pedine. No. Non è più il secolare “sedersi sulla riva del fiume e aspettare che passi il nemico”, quello che ci fa vedere il Mo. Teora. Qui il NEMICO VERO non si conosce. Non è dato di capirlo a chi ha passato tutta la vita a lavorare per il bene della propria famiglia e ora avrebbe diritto di riposare e godersi il meritato compenso: la serenità. NO! Ti arriva addosso, magari sotto forma di un Virus silenzioso quanto letale o di un Ordigno dagli effetti inimmaginabili, muto, da migliaia di kilometri. E allora, più che meravigliose Persone sembra quasi che Tommaso, il Maestro Teora, sia riuscito a fissare col suo Linguaggio “contornuale”  (cosciente o istintivo non cambia una virgola) la VERA Filosofia della Vita. La Vita, esperimento di cui tutti noi siamo le cavie per dimostrare (sofisticamente) come sostenuto da Sant’Agostino, che il Male non esiste, ma è solo la privazione del Bene. E allora Tommaso, come al solito, ci propone la sua Morale. Anche naturalmente, partorita nel Suo Cuore. Lo fa citando quasi inconsciamente il Divino Leopardi :

“…Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eternoE le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio
:

E il naufragar m’è dolce in questo mare”

Guardate queste Donne e questi Uomini e dite se non vi sembra che guardino già…OLTRE IL MALE. Grande “medium freddo”. E magari senza nemmeno conoscere McLuhan. Al solito, Grazie Maestro TEORA. Di Fotografia, ma anche di Vita.

© gigi lusini

2024-03-21T15:32:05+01:0002/04/2022|Comunicazioni|

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