“Cosmodrome” di Raffaele Petralla di Roma
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Per aver raccontato con immagini dal forte impatto emozionale e visivo, le condizioni di vita di un popolo che vive in un territorio di per se ostile, al limite della sopravvivenza. La pericolosa attività di raccolta di resti di razzi spaziali, in apparenza redditizia, nasconde gravi contaminazioni per la salute del luogo e della sua popolazione. (O.B.)

“Cosmodrome”

Estremo nord della Russia. Regione di Arkhangelsk. Confine con il Circolo Polare Artico. Restricted area di Mezen.
Un territorio ostile, in cui i fattori ambientali e climatici rendono la vita di tutti i giorni difficile ed estrema e a cui si aggiunge il pericolo dovuto alla caduta di razzi dal cielo.
A circa 800 km di distanza vi è la base spaziale di Plesetks, dalla quale, dal 1997 sono stati effettuati più di 1500 lanci di satelliti nello spazio.
Al momento del lancio, ogni satellite è supportato da quattro razzi a propulsione che hanno una lunghezza di circa 20 metri l’uno e che si sganciano e ricadono sulla terra una volta che il satellite è entrato in orbita.
Molti di questi razzi ricadono nella tundra che circonda i villaggi di Mezen.
Gli abitanti dell’area, che basano la propria sopravvivenza nelle attività di caccia e pesca, recuperano e riciclano i metalli di cui i razzi sono composti.
Con le parti esterne fatte di un metallo – il dural – costruiscono slitte da neve e barche – chiamate “Racketa” – mentre dalle parti interne ricavano l’oro e il titanio che rivendono a peso.
In estate la vita in questa zona è molto più difficile che in inverno.
Alla fine di aprile ghiaccio e neve si sciolgono completamente. I fiumi aumentano di livello, alcuni anche di 10 metri.
Non è possibile costruire ponti. Le uniche strade che attraversano la tundra e la foresta sono coperte di fango e solo pochi giorni al mese sono percorribili.
In inverno invece, quando i fiumi si ghiacciano, si vanno a recuperare i razzi caduti nei mesi precedenti.
Vi è una sostanza altamente tossica utilizzata come propulsore che accompagna i razzi fino alla stratosfera. Si chiama heptyle – unsimmetrical dimethylhydrazine.
Secondo le testimonianze degli abitanti, sono tantissimi i casi di cancro.
Raffaele Petralla

Rafffaele Petralla

Raffaele Petralla è un fotoreporter diplomatosi presso la Scuola Romana di Fotografia nel 2007.
Dopo aver lavorato per qualche anno sui set cinematografici in qualità di assistente alle luci, focus puller e direttore della fotografia, decide di dedicarsi interamente alla fotografia documentaristica, prestando particolare attenzione alle tematiche sociali ed antropologiche.
I suoi lavori sono stati pubblicati sulle principali testate internazionali tra le quali: National Geographic U.S.A., Geo Magazine, L’Espresso, Bloomberg Businessweek, The Washington Post, The New Yorker, Days Japan, Der Spiegel, Terra Mater, Internazionale, D di Repubblica, La Repubblica, De Morgen, VICE, De Morgen e molti altri.
Negli ultimi anni Petralla ha ricevuto molti riconoscimenti internazionali tra cui: PDN storytellers, Burn Emerging Fund, Premio Fotografia Etica, I.P.A., Moscow Photo Awards, Siena International Photography Awards, Fotoleggendo, Premio Voglino.