Sezione riservata ai soci del Circolo Fotocine Garfagnana PREMIO Sara Musolino Bookshop

“Formae Temporis” di Simone Letari.

“I ruderi della terra di Garfagnana tornano nel complesso iconico dove si evince un rigore di presenza e assenza delle luci che si omogenizza nelle loro tipiche connotazioni architettoniche, dalla fabbrica, alla dimora domestica, alla cava, alla chiesa. Il tutto in un rapporto quasi osmotico con una natura conglobante.”

FORMAE TEMPORIS

La vista delle rovine ci fa fugacemente intuire l’esistenza di un tempo che non è quello di cui parlano i manuali di storia dell’arte o che i restauri cercano di richiamare in vita.

È un tempo puro, non databile, assente da questo nostro mondo di immagini, di simulacri e di ricostruzioni,

da questo nostro mondo violento le cui macerie non hanno più il tempo di diventare rovine.

Un tempo perduto che l’arte talvolta riesce a ritrovare.

Marc Auge’

C’è qualcosa di molto affascinante nel percorrere un sentiero e trovarsi davanti una rovina.

Nel silenzio che ti circonda, improvvisamente, senti raccontare storie del passato.

Storie di uomini e di donne che tra quelle mura hanno trascorso un’intera vita, storie di lavoratori e di fatica, storie di fedeli che hanno pregato, affidando le loro gioie e le loro sofferenze a mani più alte.

Altrettanto affascinante è scorgerla in prossimità di una strada, a fare da quinta ad un traffico caotico, ed accorgersi della posizione privilegiata che si è conquistata a dispetto degli eventi: invisibile ai passanti frettolosi, è circondata da un’aura di pace e di silenzio, anche tra i gas di scarico delle automobili.

L’uomo costruisce, usa, abbandona e, quando non lo distrugge, lascia quello che non gli serve più nelle mani del tempo, abile architetto, che se ne appropria, plasma e, modellando quello che ha a disposizione, ricostruisce forme nuove, animate da uno spirito che viene da lontano, presente ed assente al tempo stesso.

È un processo di metamorfosi necessario per scrivere la storia di un luogo. Il groviglio vegetale che ne scaturisce trattiene le radici di una comunità, le sue origini e le sue tradizioni, raccolte nell’abbraccio protettivo, a volte violento, della natura.

Ci vuole una grande sensibilità ed una capacità di straniamento per recepire e restituire ciò che l’abbandono racconta. Ogni secolo ha avuto le sue rovine ed ogni secolo ha avuto occhi romantici che hanno saputo coglierle in tutta la loro nobiltà, che sono andati oltre l’apparente inestetismo, da cui siamo costantemente angosciati, per cogliere il bello dove meno te lo aspetti.